Molto spesso i chitarristi alle prime armi tendono a fare confusione quando si parla di effetti per chitarra: in effetti, le tipologie di pedali sono moltissime, così come le diverse caratteristiche possedute da ognuno e le diverse funzionalità a seconda di come vengono regolati i controlli.
Tuttavia, conoscere e saper usare gli effetti per chitarra rappresenta la strada più veloce verso la costruzione di un proprio sound unico. Ma quali sono e come funzionano gli effetti per chitarra?
Essenzialmente, le diverse classi di effetti possono essere distinte in base al tipo di intervento che operano sul suono proveniente dalla chitarra.
Questo è il motivo per cui è possibile distinguere, in base al funzionamento, quattro categorie principali: gli effetti di tonalità (che intervengono sul suono, come i Compressori), gli effetti di dinamica (che impattano sul Gain, come gli Overdrive, le Distorsioni, i Fuzz, ecc.), gli effetti di modulazione (come i Chorus) e quelli di ambiente (Reverb, Delay, ecc.).
Con questo articolo andremo ad approfondire nel dettaglio ciascuna di queste categorie, scoprendo come funzionano gli effetti per chitarra e fornendo tutte le informazioni più utili da conoscere in materia.
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Cosa sono gli effetti per chitarra?
La gamma espressiva di una chitarra elettrica ha pochi eguali nel mondo degli strumenti musicali: il suo suono riesce ad essere divertente, dolcissimo o distruttivo, rendendola perfetta per ogni genere musicale.
Quello che stiamo dicendo è che la chitarra è, già da sola, sufficiente per riprodurre una miriade di timbri e di emozioni, semplicemente collegandola all’amplificatore e possedendo una buona tecnica per suonarla.
Tuttavia, sin da subito, moltissimi grandi chitarristi hanno deciso di sperimentare con un gran numero di effetti, in modo da riuscire a tirare fuori da questo strumento possibilità espressive sempre nuove: è per questo che esistono gli effetti per chitarra.
Prima di entrare nel vivo del discorso e spiegare cosa sono e come funzionano gli effetti, è importante capire la differenza tra questi ultimi e i controlli a disposizione su chitarra e amplificatore.
Infatti, il suono della chitarra può essere modificato anche grazie alle manopole presenti sullo strumento, che permettono di alterare volume e tonalità: peraltro, anche lo stile con cui si suona lo strumento riesce ad incidere molto sul tipo di suono emesso.
Invece, l’amplificatore presenta anch’esso una serie di controlli sui quali è possibile intervenire, tra cui l’equalizzatore: modificando le leve relative alle varie frequenze di suono è possibile settare il sound della propria chitarra e ottenere sempre qualcosa di diverso, financo un accenno di distorsione e saturazione se si portano i volumi al massimo.
Ma quello di cui stiamo parlando è pur sempre un suono pulito (“clean”): viceversa, gli effetti per chitarra hanno la funzione di modificare alla radice il suono, intervenendo su moltissimi aspetti, come la compressione, la distorsione, il riverbero e così via.
Anche i “puristi” della chitarra hanno, almeno una volta, adottato uno o più effetti, per migliorare l’espressività (anche in un singolo brano) o per regolare il suono alle proprie esigenze.
Questo significa che anche tu, se vuoi provare sul serio tutto quello che puoi ottenere con il tuo strumento devi conoscere le basi degli effetti per chitarra.
In questa guida descriveremo le principali categorie di effetti a pedale, come funzionano e quali sono quelli da avere e saper usare.
Cosa devi sapere sugli effetti per chitarra?
Esistono tantissimi effetti per chitarra, ognuno con le proprie caratteristiche.
Tuttavia, tutti hanno un meccanismo comune: sia che si suoni con dei pedali singoli che con una pedaliera, gli effetti vengono prodotti da dei dispositivi che devono essere collegati allo strumento e all’amplificatore, attivati normalmente mediante la pressione di un piede.
Se questo, in breve, è il meccanismo che permette ai pedali di poter imprimere un determinato effetto al suono, ciò non significa che basti collegare i vari pedali per ottenere subito il risultato sperato: infatti, la qualità e la quantità dell’effetto dipendono da molteplici variabili, quali un buon collegamento degli effetti, la scelta e la varietà di effetti collegati e la giusta regolazione di ciascuno.
Ovviamente, molto dipende anche dal gusto personale e dalle esigenze artistiche del momento, ma ci sono moltissime indicazioni che, specialmente se sei un neofita, dovresti tenere in considerazione.
Se, ad esempio, decidiamo di utilizzare gli effetti di compressione, distorsione e riverbero, che sono presenti nella quasi totalità dei set utilizzati dai chitarristi, la qualità del suono che otterremmo dipende nettamente dal modo in cui i vari pedali vengono collegati: infatti, esistono evidenze sul fatto che occorre preferire una sequenza di collegamento che veda al primo posto gli effetti di dinamica, cioè quelli che alterano il suono, seguiti da quelli che processano il segnale, modulandolo.
Ritornando agli effetti presi ad esempio, una sequenza adeguata dovrebbe essere: Compressore – Distorsore – Riverbero.
Anche il modo di cui vengono regolati i singoli effetti, attraverso le manopole presenti su ciascun pedale, determina la migliore o peggiore qualità del suono.
Se invece vuoi scoprire nel dettaglio qual è il funzionamento dei diversi tipi di effetti, nei prossimi paragrafi spiegheremo tutto ciò che c’è da sapere in proposito: si tratta di informazioni che troverai utilissime e che speriamo possano risolvere molti dubbi che normalmente hanno i giovani chitarristi.
Come funzionano i diversi tipi di effetti?
Abbiamo già anticipato che esistono diverse categorie di effetti. Se tutti, dal punto di vista tecnico, funzionano allo stesso modo (nel senso che occorre procedere al collegamento con la chitarra e con l’amplificatore), è però importante conoscere quali sono le caratteristiche principali di ognuno, sia per capire che tipo di effetto si produce sia per conoscere il modo in cui ciascun pedale si relaziona agli altri eventualmente presenti in catena.
Innanzitutto, si parte dagli effetti cosiddetti “tonali”: questo tipo di effetti altera la tonalità e il timbro del suono emesso dalla chitarra, intervenendo direttamente sul segnale che viene prodotto dallo strumento.
Un esempio tipico di questo tipo di effetti è il Wah-Wah, che produce un caratteristico suono singhiozzante (come quello presente in “Vodoo Child” di Jimi Hendrix).
Diversi sono gli effetti di compressione: questi ultimi comportano un adattamento del volume in uscita in proporzione a quello in entrata.
Si tratta di un effetto che permette di adeguare i volumi, in modo tale che se il livello di entrata è troppo elevato, in uscita il livello, se superiore ad una certa soglia pre-impostata, verrà ridotto.
Un’altra categoria ancora è quella dei pedali dinamici, cui appartengono le distorsioni: distorsore, Overdrive e Crunch lavorano sul medesimo circuito, intervenendo con un livello di Gain differente.
Accanto a questi c’è anche il Fuzz, che, tuttavia, dipende notevolmente dal tipo di esecuzione.
Seguono gli effetti di modulazione, rispettivamente i pedali di fase e quelli ambientali.
Tra i primi rientrano il Phaser, il Flanger e il Chorus: questi pedali hanno la funzione di scomporre il segnale arrivato, ricomponendolo più o meno in ritardo in uscita, restituendo un effetto liquido e ondeggiante.
Per quanto riguarda gli effetti ambientali, come i Delay e il Riverbero, la loro architettura comporta lo sdoppiamento del segnale originale (“Dry”) in uno emesso in ritardo (“Wet”) in una brevissima frazione di tempo.
Se vi piacciono i Consigli di David (qui sotto in video), vi Consigliamo di dare uno sguardo alla sua Guida Completa agli effetti, vi guiderà dal semplice collegamento dei cavi alla creazione di Suoni, con tantissimi esempi riferiti al Sound di alcuni dei Chitarristi più famosi.
Quali sono e come funzionano gli effetti pre-amp?
Nei sistemi di amplificazione che sfruttano i sistemi send/return, è possibile classificare ulteriormente gli effetti a seconda del loro posizionamento nel pre-amplificatore o in una fase successiva della sequenza.
Prendendo in considerazione gli effetti pre-amp, possiamo elencare:
- Il Noise/Gate: più che un effetto, questo controllo permette di regolare il livello di rumore che può provenire dai pickup della chitarra e/o dalla stessa esecuzione del chitarrista che struscia le dita sulle corde. Chiaramente, questo strumento va posizionato prima dell’amplificatore, per poter intervenire direttamente sul suono clean dello strumento.
- Simulatore di Pickup: in parte simile per funzionamento al Noise, questo trasforma il suono della chitarra alla base, cosa che rende evidente la necessità di posizionarlo tra i primi posti nella catena degli effetti.
- Equalizzatore: a volte può essere utile utilizzare un equalizzatore a parte, rispetto a quello presente già sull’amplificatore (che, in questo caso, verrebbe collocato in “post”), per definire il suono prima che vengano aggiunti altri effetti. Tuttavia, l’equalizzatore può essere utilizzato anche dopo il Distorsore, per migliorare la definizione del suono, oppure direttamente dopo un altro effetto dinamico, fungendo in questo caso da Boost del volume.
- I Compressori possono determinare effetti Sustain e la saturazione del suono: intervenendo sulla stessa qualità del suono si tratta chiaramente di un pedale da posizionare tra i primi; la stessa logica è alla base di altri pedali “tonali” come il Wah-Wah, i Pitch Shifter e i Bender, che incidono sul tono della chitarra di base e vanno sempre impostati prima del Distorsore o di altri dispositivi.
- Gli effetti di distorsione (Overdrive/Distorsore) sono sicuramente quelli più utilizzati. L’Overdrive aggiunge Crunch al suono, aumentando a dismisura la saturazione, mentre il distorsore crea intensità di segnale (Lead): la loro combo è tra le più utilizzate per ottenere effetti più duri e un suono più potente.
Quali sono e come funzionano gli effetti “post”?
Una volta illustrato il funzionamento dei principali effetti preamp, è possibile passare ad elencare quelli che vengono solitamente posizionati dopo l’amplificatore.
Post equalizzatore/Post noise.
Questi strumenti, se posizionati nella sezione “post”, servono a ritoccare il suono ottenuto con i precedenti effetti oppure a ridurre il livello di rumore: in questa fase, tuttavia, il funzionamento di questi controlli è più delicato e va maneggiato con maggiore attenzione, dal momento che c’è il rischio di assorbire anche parte del suono stesso.
Gli effetti di modulazione sono quelli che, stando almeno alla comune esperienza, dovrebbero sempre essere posizionati dopo il preamplificatore.
Il motivo attiene essenzialmente al loro funzionamento specifico: ciò non toglie, però, che si decida di sperimentare ed ottenere effetti particolari posizionandoli in una fase diversa della catena.
In ogni caso, in questa categoria entrano a far parte:
- Effetti di fase (Chorus, Phaser, ecc.). Ciascuno di essi produce una compressione del suono risultante dalla catena degli effetti precedenti, oppure del clean derivate direttamente dalla chitarra (se non si usa il s/r) o dal preamp: non esistono regole precise su come posizionarli, dal momento che è possibile miscelarli per ottenere le più diverse configurazioni possibili, stando attenti ad evitare perdite di definizione.
- Effetti ambientali. In questa categoria entrano il Delay e il Reverb: il Delay permette di intervenire in modo molto nitido sul suono, così da aggiungere o togliere corposità. Se, ad esempio, dalla sezione preamp sta arrivando un Lead con il Delay è possibile aprirlo e renderlo meno duro; se invece stiamo usando un suono pulito o un arpeggio, possiamo dare più corposità (ma meno nitidezza), e così via. Il Reverb, invece, produce uno sfasamento nell’ascolto del suono che restituisce un effetto di avvicinamento o di allontanamento che forniscono, rispettivamente, spessore o atmosfera.
Cosa sono le pedaliere multieffetto?
Finora ci siamo occupati esclusivamente degli effetti singoli, cioè di quella particolare categoria di effetti presenti ciascuno su un determinato pedale.
Accanto a questi ultimi esistono anche i multieffetto (MFX, o più comunemente pedaliere), che contengono una catena di effetti preordinata e permettono di impostare molto più semplicemente i singoli effetti a disposizione.
Addirittura, alcuni multieffetto permettono di stabilire una sequenza di pre/post rispetto all’amplificatore, replicando fedelmente il sistema basato su pedali singoli.
È importante distinguere i multieffetto dalle “pedaliere” assemblate: i primi sono un sistema unico, dove non esistono più i singoli pedali e i controlli sono disposti su una ghiera che permette di regolarne più alla volta; inoltre l’ordine è normalmente pre-impostato, salva la possibilità di decidere quali effetti e come attivarli.
Viceversa, le pedaliere tradizionali non sono altro che delle valigette (anch’esse disponibili in variante pre-assemblata, ma normalmente) costruite dallo stesso chitarrista, che decide quali pedali singoli inserire e collegare nell’insieme: il vantaggio è quello di avere sempre a disposizione in modo facile i vari pedali nella giusta sequenza e con i corretti collegamenti, salvo a dover intervenire a seconda delle necessità sulle regolazioni.
Tornando ai multieffetto, il vantaggio tipico è quello di non dover far fronte alle impostazioni di decine di pedali diversi: inoltre, il funzionamento elettronico permette di ottenere maggiore versatilità nella calibrazione delle singole impostazioni, che possono essere regolate in sequenza, scegliendo quali effetti usare, in che ordine e con quale intensità in modo molto più semplice delle varianti analogiche.
Molti chitarristi “puristi” non preferiscono i multieffetto, perché avvertono un peggioramento del suono dal punto di vista della sua dinamicità e vitalità: si tratta, propriamente, di una questione di gusti e di modalità espressive che ciascun musicista vuole raggiungere.
Questo dovrebbe indurre a chiederci: ma quando è meglio utilizzare le pedaliere elettroniche?
Sicuramente la risposta non può che essere: dipende.
Se il nostro intento è quello di ricreare sonorità “vintage” oppure ottenere effetti più sporchi, o al contrario, più puliti, probabilmente la soluzione migliore è quella di utilizzare i pedali singoli, in combo tra loro, e collegati al tradizionale amplificatore.
Viceversa, se suoniamo in un gruppo che mescola anche elementi elettronici (come casse amplificate con monitor, amplificatori per tastiere, e così via), le pedaliere elettroniche possono permettere una maggior flessibilità, dal momento che il chitarrista potrà sperimentare diversi setup e ottenere un maggior numero di combinazioni possibili.
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Quali sono gli effetti più importanti?
Dopo la nostra panoramica sulle diverse tipologie di effetti, sulla differenza tra pedali analogici e pedaliere e qualche cenno sui collegamenti in sequenza, possiamo descrivere brevemente gli effetti più importanti, quelli che sicuramente non possono mancare nella strumentazione di un chitarrista e che, prima o poi, tutti devono provare.
Nel farlo terremo in considerazione anche un ideale ordine di collegamento, così da favorire un rapido posizionamento quando si decide come collegare gli effetti all’amplificatore.
Wah-Wah.
Si tratta di uno degli effetti più famosi, utilizzato da artisti del calibro di Jimi Hendrix, Frank Zappa e John Frusciante; allo stesso tempo è uno dei pedali più utilizzati nella musica rock, dal momento che permette di ottenere un suono passato alla storia come “cry-baby”, simile cioè ai lamenti di un neonato.
Come detto già prima, questo pedale lavora meglio con un segnale clean, non alterato da precedenti modifiche, dal momento che la sua funzione è quella di modificare il tono della chitarra: se il segnale in ingresso è già alterato, l’effetto sarebbe più simile all’overdrive, con una perdita intensa di armoniche; viceversa, inserendolo prima di Compressore e distorsioni l’effetto garantisce suoni nitidi e livelli maggiori di volume.
Compressore
Anche questo effetto è utilizzatissimo, nelle più diverse varianti musicali (rock, blues, metal): la compressione comporta che l’acustica sonora venga alterata, rendendo il suono più potente.
Questo effetto, dunque, amplifica il segnale: ne consegue che va tenuto presente che se il segnale in ingresso è già alterato, questa alterazione verrà aumentata a dismisura dal compressore (il che spiega perché la regola vorrebbe che fosse situato tra i primi effetti in catena).
Tra i principali artisti che hanno usato a dismisura il Compressore non è possibile non citare David Gilmour, storico chitarrista dei Pink Floyd.
Distorsore e Overdrive.
Questi due effetti possono essere trattati congiuntamente, dal momento che il loro funzionamento è quello di modificare le armoniche del segnale in ingresso, che viene in questo modo amplificato, ciascuno con una propria caratteristica.
- Il Distorsore è l’effetto inventato per primo e quello probabilmente più utilizzato nella storia: esso permette di ottenere un sound sporco, distorto, rispetto al clean (tant’è che inizialmente il medesimo effetto si otteneva aumentando al massimo il settaggio dell’amplificatore).
- L’Overdrive, invece, è una variante del distorsore, anch’esso utilizzato per intervenire sul suono già definito (in clean o modificato da precedenti effetti): esso permette di saturare il suono, ma l’effetto è meno aggressivo e sporco, sebbene il livello di armoniche prodotte sia minore rispetto a quello del Distorsore.
Il funzionamento similare dei due spiega perché è importante far entrare in entrambi i pedali dei suoni puliti: saranno questi ad essere trattati dagli effetti per ottenere i risultati voluti.
Gli effetti di modulazione.
Trattiamo congiuntamente tutti quegli effetti che producono un ritardo nel suono: parliamo, in particolare, di Chorus, Flanger e Delay.
Il primo è impiegato per creare un raddoppio del suono, capace di fornire una risposta in rimbalzo rispetto alla frequenza originale, che viene in questo modo ritardata.
Viceversa, il Flanger altera le frequenze in entrata, producendo un loro rapido abbassamento e innalzamento: il risultato è chiamato “Comb Filter” (letteralmente “filtro a pettine”), dal momento che se si osserva lo spettro del suono, questo presenta picchi di risonanza e assenza del segnale. Per intenderci, l’effetto è simile a quello prodotto dalle pale di un elicottero in funzione.
Infine, il Delay aggiunge al segnale originale un doppio aggiunto in ritardo, ma a differenza del Chorus, il “Wet” è percepibile ad orecchio, così producendo un effetto eco sonoro, potenzialmente espresso anche con una certa distanza temporale rispetto al “Dry”.
Come già detto, questi pedali aggiungono modulazione al segnale costruito fino a questo momento, creando armoniche ed effetti Doppler che contribuiscono ad aumentare la morbidezza ed il realismo del suono, anche quello più alterato dai precedenti effetti: ciò spiega perché, normalmente, questi pedali vanno inseriti a fine catena.
Quelli finora descritti sono soltanto alcuni degli effetti più utilizzati e, sicuramente, quelli che ciascun chitarrista dovrebbe quanto meno conoscere in dettaglio.
Ovviamente ne esistono molti altri e ciascuno con un infinito numero di modelli che differenzia ulteriormente le caratteristiche.
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Ultimo aggiornamento 2024-11-21 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API