Il continuo e costante progresso della tecnologia che interessa le macchine fotografiche digitali può creare confusione per i meno esperti, soprattutto perché vengono costantemente introdotti nuovi termini di non immediata comprensione.
Questa guida si propone di spiegare in maniera approfondita cosa sono i pixel, concetto importante per per coloro che stanno prendendo in considerazione oppure hanno appena acquistato la loro prima macchina fotografica.
Cosa vuol dire esattamente pixel?
Il termine pixel, composto da “PIC ture EL ement” si riferisce ad un elemento dell’immagine.
Più nello specifico, qualsiasi fotografia in formato digitale non è altro che l’insieme di pixel che sono generalmente di forma rotonda o quadrata, il più delle volte disposti all’interno di una griglia bidimensionale.
Alla stessa maniera in cui la grafica puntinista impiega tutta una serie di macchie di colore, anche milioni di pixel si possono combinare fra loro per creare immagini molto dettagliate, che appaiono ai nostri occhi fluide e continue.
La regola generale è che maggiore è il numero dei pixel e più un’immagine assomiglia all’originale.
Questa affermazione, tuttavia, necessita comunque di alcune precisazioni.
Per prima cosa occorre sapere che ciascun pixel riesce a memorizzare anche le informazioni sul colore dell’immagine, solitamente attraverso tre componenti noti come “RGB” (rosso, verde e blu), oppure quattro definiti come “CMYK” (ciano, magenta, giallo, nero).
I colori vengono salvati come bit.
Per spiegare questo aspetto prendiamo ad esempio il caso più semplice: quando viene memorizzato un singolo bit di informazioni per pixel, quest’ultimo potrà essere nero o bianco, ovvero rispettivamente “on” oppure “off”.
La quantità effettiva di bit impiegati per rappresentare il colore di ogni pixel è nota come tecnicamente profondità di colore o di bit.
Dimensioni dell’immagine: PPI e DPI
Il pixel è solo l’unità di informazioni e non permette di descrivere le stampe, a patto che non venga specificata anche la loro dimensione.
A questo riguardo il pixel per pollice (PPI) e i punti per pollice (DPI) sono stati introdotti per mettere in relazione l’unità di pixel con la risoluzione visiva del mondo reale.
Spesso i termini PPI e DPI vengono usati in modo impreciso per descrivere la risoluzione di stampa di un dispositivo, specialmente delle stampanti a getto di inchiostro.
In realtà la sigla PPI indica quanti pixel racchiude una determinata immagine per pollice di distanza, sia in senso orizzontale che verticale.
Quando invece si parla di DPI non bisogna andare in confusione, perché spesso sono necessari più punti per formare un singolo pixel, processo che porta il nome di dithering e che varia da un dispositivo all’altro.
Questo vuol dire che un determinato DPI non corrisponde sempre alla stessa risoluzione.
Le moderni stampanti usano il dithering per creare immagini di tanti colori rispetto a quelli che ne hanno effettivamente.
Questo particolare trucco influenza inevitabilmente la risoluzione, considerando che il dithering implica che ciascun pixel sia formato attraverso uno schema di punti ancora più piccolo.
Il risultato è che le immagini richiedono più DPI che PPI per essere dettagliate.
A tutto questo bisogna aggiungere che più si cerca di ingrandire un’immagine e maggiormente si abbasserà il suo PPI.
Cos’è il megapixel?
Come è facile intuire questo termine si riferisce ad un milione di pixel.
Considerando le comuni macchine fotografiche, in generale è possibile affermare che esiste una dimensione massima di stampa che si può ottenere per un certo numero di megapixel.
Ad esempio una macchina fotografica da 2 megapixel non riuscirà a fare una stampa standard da 4 x 6 pollici a 300 PPI.
Inoltre richiede 16 megapixel per realizzare una foto da 16 x 10 pollici. I dati non devono scoraggiare perché di contro un modello con queste caratteristiche potrà realizzare immagini molto nitide composte da 200 PPI.
Queste considerazioni valgono se consideriamo che le proporzioni della fotocamera, ovvero il rapporto fra la dimensione lunga e quella corta, corrispondano allo standard 3: 2, valore che contraddistingue le macchine da 35 mm e delle SLR digitali.
Tuttavia non mancano modelli compatti che vantano un rapporto pari a 4: 3 oppure che utilizzano immagini quadrate da 1: 1.
Il consiglio è sempre quello di valutare bene quando la fotocamera vanta un rapporto differente dalle dimensioni di stampa che si vogliono ottenere.
Infatti, quando ad esempio viene usata una macchina con formato 4: 3 e servono stampe da 4 x 6 pollici, quindi da 3: 2, circa il 10% dei megapixel andrà sprecato.
Bisogna anche considerare che gli stessi pixel possono avere specifiche proporzioni.
Esistono standard video e alcune fotocamere, come quelle prodotte dal marchio Nikon, che vantano pixel con dimensioni distorte.
In ogni caso è bene ricordare che le macchine fotografiche moderne dispongono di un’apposita funzione che consente di modificare il numero dei pixel, in modo da sfruttare appieno le capacità di acquisizione del modello.
Basta leggere il manuale di istruzioni per accedere facilmente alle impostazioni di “qualità” o “dimensione” espresse in pixel, per poi selezionare a seconda dei casi le modalità “grande” da 3072 x 2304 ovvero 7 megapixel, “media” da 2048 x 1536 cioè circa 3 megapixel oppure “piccola” 640 x 480, corrispondente ad una risoluzione piuttosto bassa da – 0,3 megapixel.
I pixel sono tutti uguali?
Spesso capita di confrontare fotocamere che vantano lo stesso numero di pixel ma questo non vuol dire che questi elementi lo siano anche nelle loro dimensioni.
La principale caratteristica che distingue una reflex digitale e di fascia alta da una fotocamera compatta è che la prima dispone di un’area del sensore digitale molto ampia.
In buona sostanza una SLR e una fotocamera compatta con lo stesso numero di pixel non offrono uguali prestazioni, semplicemente perché nella prima la dimensione dei pixel è superiore.
Valutare la dimensione dei pixel è molto importante quando si acquista una nuova macchina fotografica.
Infatti un pixel grande riuscirà a raccogliere più luce, dunque ad avere un segnale maggiormente luminoso all’interno di un certo intervallo di tempo.
Tutto questo, in altre parole, si traduce in un miglior rapporto fra segnale e rumore (SNR) e consente di ottenere immagini più dettagliate e fluide.
Inoltre la gamma da chiaro a scuro che la macchina riuscirà a catturare non diventerà troppo nera.
La ragione è molto semplice: ciascun pozzetto di pixel riesce a contenere più fotoni prima che possa diventare del tutto bianco.
Buona parte delle reflex presenti sul mercato vanta un fattore di ritaglio 1.5X o 1.6X, rispetto alla pellicola da 35 mm.
Tuttavia non mancano macchine costose che integrano un sensore digitale con la stessa area da 35 mm.
Molti non sanno che le dimensioni dei sensori, espresse in pollici, nei fatti non corrispondono alla dimensioni effettive della diagonale, ma riflettono in maniera approssimativa il diametro, detto “cerchio di imaging”.
A questo punto è normale domandarsi perché non usare il sensore più grande possibile.
La ragione è legata ad aspetti strettamente economici, visto che il costo dei sensori dipende proprio dalla loro grandezza e l’acquisto può rivelarsi poco vantaggioso.
In fatto di sensori è bene segnalare che quelli più grandi implicano aperture piccole per ottenere una profondità di campo equilibrata, di contro sono anche meno soggetti alla diffrazione.
Questo vuol dire che è sbagliato concentrare più pixel nella stessa area del sensore?
Tutto dipende dal caso specifico e da quello che si desidera ottenere.
In genere questa opzione produce più rumore, ma solo quando viene visualizzato al 100% sul monitor del proprio computer.
In una stampa reale il disturbo provocato dai megapixel risulterà più spaziato.
Alla fine è meglio acquistare una macchina con tanti megapixel ?
La risposta è affermativa quando si stampano foto di grandi dimensioni, se sorge la necessità di modificare gli scatti in post produzione, avere maggiori dettagli zoommare o fare dei crop.
Diversamente è meglio puntare su modelli che dispongono di processori veloci o di buoni obiettivi.